Stop Greenwashing: ecco la nuova Direttiva Europea
L’Unione Europea lancia una nuova direttiva contro il greenwashing, garantendo trasparenza e informazioni accurate sui prodotti per proteggere i consumatori e promuovere la sostenibilità ambientale. Basterà?
Nell’attuale panorama europeo, il greenwashing ha assunto proporzioni preoccupanti. Questa pratica, che consiste nell’utilizzare dichiarazioni ambientali fuorvianti a fini di marketing, ha minato la fiducia dei consumatori e compromesso gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. Le etichette dei prodotti e le pubblicità spesso presentano affermazioni ambigue o generiche sull’eco-sostenibilità, senza fornire prove concrete del loro impatto ambientale reale.
La crescente consapevolezza dei consumatori sull’importanza della sostenibilità ha reso il greenwashing un problema sempre più urgente. Le persone desiderano fare scelte informate e sostenibili, ma sono spesso confuse da pratiche commerciali ingannevoli che sfruttano l’immagine di ecologismo senza un reale impegno ambientale.
In risposta a questa sfida, l’Unione Europea ha adottato misure concrete per contrastare il greenwashing e promuovere la trasparenza nel settore commerciale. La recente approvazione della Direttiva Europea contro le Dichiarazioni Ambientali Fuorvianti rappresenta un importante passo avanti in questa direzione. Questa nuova normativa mira a mettere fine alle pratiche ingannevoli e garantire che le dichiarazioni ambientali siano supportate da evidenze concrete e verificabili.
La lotta contro il greenwashing è diventata una priorità per l’Europa, che si impegna a proteggere i consumatori e a promuovere uno sviluppo sostenibile.
L’industria della moda
Uno dei settori che più utilizza queste pratiche ingannevoli è l’industria dell’abbigliamento che annualmente è responsabile dal 2 all’8% delle emissioni di carbonio. Nonostante questi dati certificati e comprovati, molte aziende protagoniste di questo settore si ostinano a pubblicizzare le loro pratiche ecosostenibili con slogan che non rispecchiano realmente le loro attività a favore dell’ambiente.
Un report diffuso da Green Peace ha analizzato delle caratteristiche comunicative delle industrie di abbigliamento evidenziando “alcuni tratti comuni in molte delle iniziative esaminate, come:
1- il rischio di confondere i consumatori con etichette presentate come certificate ma che in realtà derivano da programmi di sostenibilità aziendali;
2) la mancanza della verifica di terze parti o della valutazione del rispetto dei migliori standard ambientali e sociali;
3) l’assenza di meccanismi di tracciabilità delle filiere;
4) l’assenza di riferimenti alla necessità di allontanarsi dall’attuale modello di business;
5) la falsa narrazione sulla circolarità che si basa, ad esempio, sull’approvvigionamento di poliestere riciclato proveniente da altri settori industriali invece che da abiti usati;
6) il ricorso massiccio a termini fuorvianti come “sostenibile” o “responsabile” associato ai “materiali” che, di fatto, registrano performances ambientali solo leggermente migliori rispetto alle fibre vergini o convenzionali;
7) il continuo ricorso a mix di fibre come il “Polycotton o Policotone” spesso presentato come più ecologico;
8) la scelta di affidarsi all’indice Higg per valutare la sostenibilità dei materiali, uno strumento la cui parzialità è nota;
9) il miglioramento di un singolo aspetto/parametro della produzione come ad esempio la riduzione del consumo di acqua o il riutilizzo/riciclo dei rifiuti pre-consumo”
L’industria della moda, però, è solo la prima di tantissimi settori che utilizzando il greenwashing per vendersi ai consumatori come eco-sostenibili.
L’UE però non è rimasta ferma a guardare e ha deciso di trovare una soluzione a questi atteggiamenti decisamente poco etici e pericolosi.
Le nuove direttive anti-Greenwashing dell’UE
L’Unione Europea ha preso una ferma posizione contro il greenwashing, con l’approvazione della nuova Direttiva che mira a garantire maggiore trasparenza e informazione nelle comunicazioni sui prodotti durante l’epoca dei cambiamenti climatici. Questa iniziativa è una risposta diretta al dilagare delle pratiche ingannevoli nel campo delle etichette e della pubblicità dei prodotti.
Proposta da Bruxelles nel marzo del 2022, la “Direttiva Green Claims” ha ricevuto il via libera da Consiglio e Parlamento europeo a settembre 2023, diventando obbligatoria per tutti i Paesi membri. Il greenwashing, definito come una strategia di marketing che sfrutta l’apparenza di ecologismo per fini di lucro, è stato individuato come un rischio crescente per i consumatori e l’ambiente.
A partire dal 2026, le imprese saranno tenute a fornire prove concrete sulla veridicità delle loro dichiarazioni ambientali sui prodotti o servizi. La Direttiva impone un divieto esplicito sulla commercializzazione di prodotti etichettati come “carbon neutral” quando le compensazioni delle emissioni di gas serra non sono basate su programmi certificati. Questo vuole garantire che le affermazioni sull’impatto ambientale dei prodotti siano supportate da evidenze solide.
La nuova normativa, approvata il 17 gennaio 2024, è stata accolta con favore dal Parlamento europeo con 593 voti favorevoli, 21 contrari e 14 astensioni. La relatrice Biljana Borzan ha sottolineato che questa legge cambierà radicalmente la vita quotidiana degli europei, ponendo fine alla cultura dello scarto e rendendo più trasparenti le pratiche di marketing. Le aziende non potranno più ingannare i consumatori con affermazioni generiche come “eco” o “green” senza fornire prove concrete del loro impegno ambientale.
La Direttiva vieta anche l’utilizzo di indicazioni ambientali non supportate da certificazioni pubbliche riconosciute. Marchi di sostenibilità e dichiarazioni di impatto ambientale saranno ammessi solo se basati su sistemi di certificazione approvati. Inoltre, saranno bandite le dichiarazioni che suggeriscono un impatto ambientale neutro, ridotto o positivo senza prove concrete di partecipazione a programmi di compensazione delle emissioni.
Un secondo obiettivo della Direttiva è sensibilizzare produttori e consumatori sulla durata dei prodotti. Le informazioni sulla garanzia saranno rese più visibili e verrà introdotto un nuovo marchio per identificare i prodotti con una durata più lunga. Saranno vietate anche le false indicazioni sulla durata e sulla riparabilità dei prodotti, combattendo così l’obsolescenza precoce.
Conclusione
la nuova Direttiva rappresenta un passo significativo verso una maggiore responsabilità ambientale e trasparenza nel settore commerciale europeo. Ora spetta agli Stati membri recepirla nel loro diritto nazionale entro i prossimi 24 mesi, garantendo così una migliore protezione dei consumatori e dell’ambiente.
Una domanda però ci sorge spontanea: sarà il primo vero passo verso un mondo più sostenibile oppure sarà solo un incentivo per le aziende per non parlare più di sostenibilità ambientale? Le nuove direttive porteranno alla comparsa di nuovi fenomeni dannosi per l’ambiente?